Il dossier Iran è uno di quei problemi striscianti che il mondo non riesce a risolvere. Teheran continua a essere un punto interrogativo, lo è sia la sua agenda sia soprattutto il suo programma nucleare. Eppure da anni non si riesce a capire come porre fine a una controversia che rappresenta un tema irrisolto (e centrale) del Medio Oriente e delle relazioni internazionali.
Oggi un nuovo episodio della lunga disfida sul nucleare iraniano. Teheran ha infatti annunciato di avere disattivato due telecamere di sorveglianze imposte dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) in un imprecisato sito del programma atomico. Dal momento che alcuni media iraniani hanno parlato di telecamere che avevano a che fare con il controllo delle attività di “arricchimento e flussimetri”, è abbastanza probabile che si tratti di uno dei due principali centri nucleari di Teheran: quello di Fordo o quello di Natanz.
Il messaggio può essere interpretato come un gesto secondario. Spegnere due telecamere di sorveglianza in un Paese come l’Iran appare quasi irrilevante. La stessa Repubblica islamica, attraverso la sua agenzia nucleare, ha tenuto a precisare che l’80 per cento delle telecamere Aiea rimane in funzione. Tuttavia, lo spegnimento di due videocamere di sorveglianza arriva dopo un passaggio diplomatico da non sottovalutare, e cioè la mozione presentata da Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti sulla mancanza di cooperazione da parte dell’Iran nei confronti dell’Agenzia delle Nazioni Unite. Una mozione che è stata presentata alla stessa Aiea e che sarebbe il primo testo di questo tipo approvato negli ultimi due anni. L’Iran ha risposto di avere sempre avuto “un’estesa cooperazione con l’Aiea”. Una cooperazione che però, secondo gli Ayatollah, l’Aiea considera “un dovere dell’Iran”, invece di ritenerlo un gesto degno di apprezzamento. E per questo ha deciso di dare seguito alla protesta su questa mozione spegnendo due telecamera di sicurezza richieste proprio dall’organismo internazionale.
Anche in questo caso, la mozione contro l’Iran è un episodio che rappresenta la punta dell’iceberg di una lunga serie di trattative e di negoziati che in questo momento sembrano completamente arenati. L’impressione è che esiste una sfiducia generalizzata nei confronti del governo di Ebrahim Raisi per il rispetto degli accordi sul programma nucleare. E questa reprimenda da parte delle forze occidentali appare come un ulteriore tentativo di scuotere la Repubblica islamica in assenza di prospettive concrete di raggiungimento di un accordo. Pessimismo che traspare anche dalle parole del direttore generale dell’Aiea, Rafael Mariano Grossi, che parlando delle possibilità dell’Iran di dotarsi del materiale per una bomba atomica, ha ammesso in modo molto schietto che a questo punto “la domanda non è più se, ma quando accadrà”. Questo non significa che sia imminente, ma è evidente che le parole di Grossi indicano l’esistenza di una trattativa che non riguarda più il rischio che Teheran abbia gli strumenti per costruire una bomba, ma solo le tempistiche e l’accordo sul non realizzarla.
Lo stesso Grossi aveva accusato la controparte iraniana di non avere fornito “informazioni credibili” sull’origine di uranio ritrovato in siti non dichiarati e su del materiale nucleare rimosso nel 2018 dal sito di Turkuzabad. E nel più recente viaggio del direttore generale dell’Aiea in Israele, il primo ministro Naftali Bennett aveva chiesto un’azione internazionale da mettere in atto “con ogni mezzo” per fermare il programma nucleare, chiedendo all’agenzia Onu di agire il prima possibile.
Parole giunte in un contesto molto teso. Nelle stesse ore veniva trovato morto, in circostanze ancora da chiarire, lo scienziato iraniano Ayoob Entezari, impegnato nei programmi missilistici e di droni a Yazd. Mentre il Paese degli Ayatollah appare sempre più in preda a una crisi economica e sociale pericolosa e per cui è necessario anche blindare l’opinione pubblica individuando un nemico esterno.
Su tutto, aleggia poi il grande punto interrogativo della Russia. Perché da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, le trattative si sono congelate anche per il disinteresse di Mosca nel far realizzare un accordo che aiuterebbe l’amministrazione americana. Lo stallo nelle trattative non è un tema fondamentale per il Cremlino, ma in un complesso meccanismo di “do ut des”, anche il dossier atomico dell’Iran rappresenta una leva negoziale da spendere in un momento di ridefinizione di sfere di influenza e relazioni internazionali. La Russia in questo momento non sembra intenzionata ad aiutare le forze occidentali nel negoziato con l’Iran.
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