La cheese activist spagnola ha trasformato il mondo del formaggio in uno stile di vita, riportandolo ad uno status culturale altissimo.
La bottega di Formaje a Madrid ha qualcosa di magico. Non per i colori caldi e neutri che evocano le sfumature del latte appena munto, l'esposizione millimetrica di forme e i profumi impetuosi che si installano nelle nari di chiunque ne varchi la soglia, no. Il vero segreto dell'alchimia casearia è Clara Diez, co-fondatrice di Formaje assieme al marito Adrián Pellejo, paladina spagnola della revolución delle botteghe gastronomiche che sta coinvolgendo anche l'Italia. Classe 1992 di Valladolid, il volto gentile e arcaico come quello di una madonna medievale, Clara Diez al mondo del formaggio ci è arrivata per vie traverse, come spesso accade nelle pieghe della vita. Sì, il formaggio a casa sua era presente, ma nella misura minima dell'alimentazione comune. Lei intendeva fare ben altro nella vita, all'università ha studiato comunicazione e pensava che quello fosse il modo, e il mondo, che la stesse aspettando.
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"Sono cresciuta in un paese e sono strettamente legato all'ambiente rurale. Nella mia famiglia c'è sempre stato un grande apprezzamento per gli ambienti naturali. Mio fratello ha 25 anni e ha avviato un progetto di allevamento di capre, mio padre si occupa di fotografia naturalistica. C'è un terreno fertile che ha permesso a me e ai miei fratelli di legarci a questo" ha rivelato a El Espanol. Non si tira indietro nel raccontare sé stessa e le sue passioni, Clara Diez di Formaje: ammira Zöe e Lenny Kravitz, le piace l'autunno, e se invitasse a cena qualcuno vorrebbe avere come ospiti Sandor Katz (uno dei guru del cibo fermentato), JK Rowling, Lady Diana e John Lennon, come ha rivelato a Harper's Bazaar Italia. Soprattutto non nasconde come un incontro ravvicinato con il formaggio abbia realmente cambiato tutto del suo approccio al queso: a 21 anni, dopo un passaggio a Londra, fa i primi assaggi con un amico del padre, produttore caseario, e impara a leggere la produzione in tutto un altro modo. "L'universo del formaggio mi ha affascinato, mi ha risvegliato la curiosità su ciò che significhi la sua produzione. Ho visto che era un settore umile però molto ricco, ho capito che potevamo avere le capacità di contribuire al suo sviluppo" ha detto a El País, rinnovando il tocco di casualità che l'ha portata a confrontarsi e stimolare gli incontri con i piccoli caseari del paese.
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Che il formaggio le abbia parlato in qualche modo, è evidente dall'approccio entusiasta, seppure non urlato, che Clara Diez tiene nel suo Formaje, la bottega contemporanea che ha deciso di aprire con il marito Adrián a maggio 2020, superato il primo duro lockdown da Covid-19. Un nome preso in prestito dal primo vocabolario della lingua spagnola compilato dalla lessicografa María Moliner, caduto in disuso nel castigliano attuale ma molto simile al suono francese e italiano. Sillabe latine per un linguaggio universale che passa in prima persona da lei: "La mia visione è sempre stata vincolata alla materia prima, all'apprendere col cuore. Ho una visione molto particolare e personale di un settore che è ancestrale". Il senso di Clara Diez per il formaggio viene immediatamente riconosciuto, tanto che in poco meno di un anno la World's 50 Best la mette subito in osservazione nel suo elenco dei gamechanging producers, le personalità che possono avere un impatto importante nella cultura del cibo.
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Perché questo è il formaggio per Clara Diez: cultura. "Mi piace il prodotto tanto quanto il processo, e la dimensione umana. Le persone mettono da parte il loro stile di vita per creare un prodotto dalla loro terra, e che scomparirebbe senza di loro. Il formaggio ci lega al territorio, ad una cultura, e ci trasmette tutto con i sapori". È un pensiero semplice, rivoluzionario per chi è abituato alle buste insapori di mozzarella da supermercato, pronto a nobilitare e riconoscere il lavoro silenzioso di centinaia di persone: è un pensiero da attivista del formaggio, come è definita Clara Diez (e non le dispiace), per salvaguardare sì la poesia che avvolge le celle di affinamento, ma senza farsi sopraffare troppo dallo storytelling. Non è solo comunicazione, è uno stile di vita vero e proprio che punta a modificare, almeno un minimo, il modello industriale di produzione per tornare a valorizzare il territorio. Senza strepitare o cercare le copertine - che pure arrivano, Clara Diez ha il volto perfetto per sostenere i suoi valori. La cultura del formaggio, una scaglia per volta.
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